POSSIAMO PROVARE A VOLERCI UN PO' PIU' BENE?

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martedì 7 febbraio 2012

"NOVISTA" A ME? MA COME SI PERMETTE!!! LEI NON SA CHI SONO IO...

FORSE COSI' DIREBBE TOTO'
SE QUALCUNO LO TACCIASSE DI ESSERE UN "NOVISTA".

E A PROPOSITO DEL FATTO CHE NASCANO OGNI GIORNO NEOLOGISMI, A VOLTE IMPARENTATI CON IL GUSTO DELL'ORRIDO (VEDI POST PRECEDENTE), VOGLIO PORRE OGGI L'ATTENZIONE SUL "NOVISTA" (qual son io...) CHE NON E' UN NEOLOGISMO MA DA SEMPRE ESISTE: USIAMOLE LE PAROLE CHE LA NOSTRA LINGUA CI METTE A DISPOSIZIONE... USIAMOLE...

In un mondo che cerca costantemente di cambiare gli scenari quotidiani e consuma ad altissima velocità oggetti, sentimenti, intelligenze, persone, la categoria del “nuovo” cade davvero a fagiolo. Parrebbe che tutti non vogliano altro, che tutti non desiderino che la rottura completa con l’attuale presente, i suoi riti, le sue  abitudini quotidiane. Una specie di grande palingenesi, capace di salvarci davvero dal morto viluppo che trattiene la nostra vita. Tutti vogliono cambiare, tutti invocano la speranza della novità, a destra come a sinistra. Anzi, oltre la destra e oltre la sinistra. Oltre le antiche distinzioni. Oltre le vecchie appartenenze. Totalmente proiettati verso un non-luogo salvifico, migliore dell’attuale, dove finalmente vi sarà giustizia e ci
libereremo del “vecchio”.


Il linguaggio “novista” non espone contenuti, semplicemente espone se stesso. Le esortazioni sono sempre
le medesime, a cambiare, a costruire il nuovo, a lavorare per la speranza, per il futuro, contro i vecchi schemi. Quale sia il contenuto effettivo di questo nuovo non si sa mai bene. Anche perché l’impressione è questa: ogni qualvolta l’annuncio del nuovo assume sembianze di concretezza, sembra già che la realtà (vecchia, ovviamente) riprenda il sopravvento e il mondo materiale (con tutto il suo male profondo) si riproponga fatalmente.


Perché il “nuovo”, è chiaro, non può aver contenuti godibili oggi. I contenuti sono sempre “presenti”, difatti, e il presente, ciò che c'è ora, non può essere nuovo per definizione. E così si è “nuovi” se si è vuoti di contenuti, se si proiettano questi contenuti in un permanente domani, oppure in un futuro vago, approssimativo, escatologico.


Il novista parla al cuore, ai sentimenti, allo spirito. Il novista scantona dalla dura legge della realtà. Usa le
proprie formule solo per far reagire le persone, perché sa bene che del male non ci si libera e che la politica non salva, semmai ci rende dannati nella sua brutale necessità. C’è una parola allora, che meglio del nuovo
esprime l’idea di un cambiamento praticabile, la necessità di un cambio di passo. Ed è “innovazione”.
Innovazione è sempre in riferimento a un concreto, a un presente materiale, a un qui e ora. L’innovazione non elude il male, non lo nega recisamente e assolutamente, ma lo “lavora”, lo “tratta”, lo addomestica.
L’innovatore conosce la realtà senza farsi sopraffare da essa. Non dice “voglio il nuovo”, dice “voglio
innovare rispetto a questo presente”. Di innovazione il mondo vive e migliora, di nuovo il mondo muore, perché tende a conservarsi così com’è, cioè pessimo in larga misura.

ps: della parola NOVISTA sono il custode per un anno (fallo anche tu con un'altra parola, vai http://adottaunaparola.ladante.it/)

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